Anche quest’anno l’International Coach Federation indice in tutto il mondo la Coaching Week, una settimana dedicata a far conoscere le potenzialità offerte da questa professione.
In Italia il programma 2011 comprende 80 eventi (seminari, workshop, conferenze, sessioni) realizzati su tutto il territorio nazionale anche grazie alla determinazione di 60 coach e alla collaborazione di 35 partner (istituzioni, enti, associazioni, università).
Dal coaching sportivo al life e business coaching, l’agenda di quest’anno è particolarmente ricca di spunti innovativi sia per chi si vuole avvicinare al coaching approfondendo il metodo, gli strumenti e le potenzialità, sia per i coach già qualificati che invece desiderano conoscere nuove pratiche e ambiti di applicazione.
Per l’interesse e la varietà dei temi trattati durante gli eventi, gli organizzatori prevedono la partecipazione di circa 1500 ospiti.
“La professione di coach è in forte espansione nel nostro paese, sia in termini di domanda sia in termini di offerta, come dimostra anche l’interesse manifestato da chi sta aderendo alla Coaching Week”, commenta Daniele Bevilacqua, presidente ICF Italia dal 1 gennaio di quest’anno. “Per questo gli obiettivi fondamentali della nostra associazione, e quindi di tutte le iniziative legati alla sua promozione, sono di accrescere la conoscenza della professione di coach, garantire elevati standard di professionalità ed etica, migliorare le capacità professionali dei soci, anche grazie alle possibilità offerte dalla nostra rete, e rafforzare la credibilità di ICF Italia e dei professionisti con credenziali ICF Global che ne fanno parte”.
Da un articolo del Sole 24 Ore- Job 24 di Cristina Casadei del 09 feb 2011
Inchiesta – Le frontiere della Formazione / 2
Così il coaching cresce in Italia
“Attivi già 800 professionisti ma è previsto un incremento del 28%
Migliorare le strategie di business management, aumentare l’autostima e la fiducia in se stessi, espandere opportunità di carriera, gestire in modo equilibrato lavoro e vita privata, ottimizzare prestazioni individuali e di gruppo. Con la crisi il coaching ha cambiato pelle ed è diventato sempre più orientato al business, ma anche sempre più conosciuto e diffuso. E viene utilizzato anche internamente. Così nelle grandi realtà, da Google a Vodafone, da Poste italiane a Fastweb, da Ibm a L’Oreal fino ad arrivare a Birra Peroni, si stanno creando anche delle reti di coach interni.
La ricerca
A spiegare come è cambiata la professione dei “consiglieri del principe” è una ricerca dell’International coach federation, fatta in collaborazione con Pricewaterhousecoopers, che ha coinvolto complessivamente 15mila persone in 20 paesi di Africa, Asia, Europa, Nord America e Sud America. In Italia, in particolare, sono state coinvolte 750 persone.
Il giro d’affari
A non cambiare, per ora, è stato il giro d’affari che a livello globale, come spiega Giovanna D’Alessio, immediate past president della International coach federation, «negli ultimi due anni aveva rallentato la sua crescita, ma quest’anno, secondo le nostre previsioni, tornerà a crescere del 20%. I membri della federazione sono oltre 17mila, in oltre 100 paesi». Nel caso italiano il giro d’affari si attesta stabilmente intorno ai 15 milioni di euro. Aumentano però i professionisti. Gli iscritti a Icf sono passati dai 250 del 2008 ai 400 di oggi, ma a fare questo lavoro sono almeno in 800 in Italia. E la rete si sta espandendo sempre di più. Il potenziale di espansione del coaching è molto elevato, intorno al 30%: a livello globale, infatti, ha detto che vorrebbe fare coaching il 33% degli intervistati della ricerca Icf-Pwc, mentre in Italia questo dato si ferma al 28%. Daniele Bevilacqua, che è il presidente di Icf Italia, racconta di aver ricevuto da molte grandi aziende italiane richieste per iscrivere alla federazione la loro rete di internal coach. Ma racconta anche, solo per fare un esempio, di un’esperienza fatta nell’ultimo anno, all’interno di un’azienda che ha dovuto affrontare tagli importanti tra i manager. «Lascio immaginare quale fosse il clima che si era venuto a creare tra chi è rimasto, con il dubbio di poter prima o poi rientrare tra i tagli», dice. E l’utilità quindi, tra gli altri interventi, anche del coaching.
La conoscenza
I risultati globali dimostrano che oltre la metà dei partecipanti ha una conoscenza del coaching e ne sa dare anche una definizione corretta. E, a sorpresa, «è proprio l’Italia uno dei paesi dove sono state registrate percentuali significative e dove viene attribuito un ruolo molto importante alle certificazioni e alle credenziali dei coach professionisti», spiega Giovanna D’Alessio, immediate past president. Premesso che non si tratta di una professione per giovani perché riguardando un’attività che viene svolta prevalentemente con il top management solo un’esperienza lunga e ad altissimo livello rappresenta la base per avere credibilità, esistono scuole che fanno formazione e che sono accreditate per farne: l’elenco si può trovare sul sito di Icf a cui viene attribuito, soprattutto in Italia, un ruolo forte nel controllo dell’accesso alla professione.
La federazione
Secondo la ricerca Icf-Pwc nel nostro paese il 26% delle persone intervistate dichiara di avere una discreta conoscenza del business coaching, oltre che della federazione e del suo ruolo istituzionale. A questo proposito, gli italiani ritengono fondamentale l’attività di Icf nello stabilire e mantenere standard professionali elevati, come ha spiegato il 20%, nel fornire credenziali ai coach professionisti (20%) e nello sviluppare modelli guida per il coaching professionale.
Le credenziali
Il problema delle credenziali non è forse quello più importante con cui deve misurarsi la federazione in Italia, ma certo, come spiega Bevilacqua «è stato fatto un percorso molto importante con l’elaborazione e il rispetto di un codice etico che garantisce gli alti standard dei professionisti e con una serie di credenziali di Icf che oggi sono diventate motivo di credibilità. Esiste un training costruito ad hoc e fatto attraverso corsi in scuole che collaborano con diverse università, come per esempio quella di Castellanza o la Luiss, così come è necessario dimostrare di aver fatto un numero di ore di coaching a clienti paganti prima di poter crescere nelle certificazioni». Che ci si debba attenere strettamente a questa linea lo dimostra il fatto che se un cliente ritiene che il suo coach abbia violato il codice etico, per esempio, potrebbe anche perdere le credenziali.
La soddisfazione
Tra le frasi più significative con cui i coachee hanno descritto questa attività in base alla loro esperienza ci sono il coaching persegue degli obiettivi, utilizza un piano di lavoro strutturato, significa guardare avanti. I livelli di soddisfazione dei coachee risultano molto elevati, circa l’83% si dice infatti contento del lavoro col coach; molto soddisfatti sono oltre il 36%, mentre il livello di soddisfazione aumenta al 92% quando il coach è certificato. E la soddisfazione emerge anche dal fatto che chi ha fatto coach lo consiglierebbe ad altri colleghi.”
Sole 24 Ore- Job 24
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