E’ stata una bella serata, quella che ha aperto la coaching week a Roma. Il maltempo e il freddo non ci sono sono stati di aiuto, ma l’atmosfera era speciale. Per me è stato un re-incontro con il teatro che ho lasciato tanti anni fa, ma che non ho smesso di amare e a cui dedico il mio ringraziamento finale.
Riporto qui un’ intervista di Ilaria Guidantoni che credo spieghi molto bene perché il coaching a teatro. E chissà che non succederà ancora…
Un appuntamento sulla ricerca della propria consapevolezza e sviluppo personale; quindi una riflessione su cosa significa tornare a se stessi.
Intervista a Carla Benedetti, Coach professionista di ICF Italia e promotrice della serata
Il coaching e il teatro sono un binomio già sperimentato? Esistono scuole al riguardo, al di là del fatto che il teatro – dalla tragedia greca in avanti – rappresenti una forma di terapia dell’anima?
“Sì, il teatro è usato spesso nei percorsi di sviluppo personale e professionale. Come terapia dell’anima, ma anche come strumento utile per accrescere consapevolezza, senso di squadra e riconoscere il proprio stile di leadership. Quindi il teatro entra nel coaching, ma che io sappia questa è la prima volta che il coaching entra a teatro”.
Come nasce quest’idea e con quale obiettivo?
“La coaching week è un’occasione per i coach professionisti di ICF di parlare di coaching. Io ho lavorato su un progetto che potesse raccontarlo e in qualche modo spiegarlo anche attraverso le emozioni. Il teatro quindi era lo spazio più giusto”.
Perché la scelta della contemporaneità a livello internazionale?
“L’ICF è presente in 104 paesi, la contemporaneità di questi eventi rafforza il senso di comunità e di appartenenza tra i coach professionisti che ne fanno parte e che sanno di dare in questo modo un contributo molto più ampio”.
Qual è il ruolo del pubblico?
“Nella serata che io ho promosso in particolare, il pubblico ha un ruolo attivo. Ci sono alcune occasioni in cui la sua partecipazione aiuta a chiarire elementi importanti del percorso di coaching”.
Chi è in scena?
“Ci sono io come relatore di una presentazione e personaggio del racconto. Insieme a me un collega coach, Pierluigi Ciocci, che rappresenta in qualche e modo il pubblico, dando voce ai dubbi e alle domande che di solito arrivano da chi si avvicina al mondo del coaching”.
Cosa significa per l’io mettere in scena la possibilità?
“Nel coaching non parliamo di io e non usiamo un linguaggio specificamente psicologico, ma certamente per ognuno di noi poter vedere la possibilità rappresentata è un’opportunità di vivere l’esperienza e quindi sentirsi partecipi di qualcosa che appartiene anche a noi”.
Nello specifico, per le donne come agisce il coaching nella rappresentazione teatrale?
“Potrò rispondere dopo la serata. Posso dire però dalla mia esperienza che di solito le donne si avventurano con coraggio fuori dalla zona di comfort”.
Esistono peculiarità uomo-donna?
“Io come coach mi impegno a non giudicare chi ho davanti. Dimenticare che si tratti di un uomo o una donna è un buon punto di partenza. Ogni persona è unica, e davvero non ho mai visto due persone reagire in maniera simile a una stessa situazione. Le persone che decidono davvero di fare qualcosa per sé, riflettono molto prima di farlo, ma poi affrontano con grande energia e soprattutto costanza le sfide che si presentano. Che sia uomo o donna, è la volontà di conoscersi e la disponibilità a cambiare che fa la differenza”.
Tornando al tema centrale, sugli obiettivi: come si può aumentare la consapevolezza con questa arte e tecnica?
“Il teatro richiede osservazione, ascolto interiore, coerenza tra ciò che diciamo e ciò che riusciamo effettivamente a esprimere. Esercitarsi in questo significa acquisire sempre maggiore consapevolezza e significa anche imparare a “vivere” le proprie emozioni. Allenarsi nell’arte del teatro è un po’ allenarsi per la vita”.
In che senso c’è un ‘tornare ad essere se stessi’? L’io è qualcosa che esiste, talora si perde e si ritrova o piuttosto si costruisce?
“Noi abbiamo un centro che racchiude ciò che siamo veramente, fatto dei nostri valori, passioni, risorse, punti di forza che ci sostengono in qualunque momento, più di quanto riusciamo a immaginare. Attraverso la consapevolezza, chiarezza di obiettivi e il cambiamento di quelle azioni che non ci portano dove vorremmo, noi riusciamo a tornare davvero a noi stessi e a realizzare ciò che più conta per noi. Il coaching è proprio questo, un viaggio per tornare”.