Come motiviamo noi stessi o i nostri collaboratori?
Non importa quanti seminari si organizzino, quanta formazione sia disponibile e quante nuove ricerche, quando si tratta di motivare ancora troppo spesso si ricorre alla vecchia pratica dell’incentivo e della punizione o paura della punizione, insomma carota e bastone.
Perché? Semplicemente perché è più facile e funziona, ma dura?
Pensiamo agli MBO. Grande invenzione, ma siamo davvero sicuri che ciò che spinge un team a raggiungere l’obiettivo stabilito sia proprio il premio finale? Un premio che si fa sempre più esiguo e addirittura non sempre garantito. Hm, forse no.
Mi è capitato negli anni di parlare di questo tema con manager e con i loro collaboratori. Ho chiesto tante volte -Cosa spinge una persona a lavorare di più per arrivare a quel traguardo?- Le risposte sono state diverse:
- la sfida
- la soddisfazione personale
- il senso di responsabilità
- amore per il proprio lavoro
- la sensazione di essere leader
- per qualcuno la paura di un giudizio negativo.
Solo pochissimi mi hanno risposto: il premio.
Perché il premio è un riconoscimento certamente gratificante, ma esterno.
Mentre la sfida o la soddisfazione personale sono leve interne.
E dove il riconoscimento esterno è momentaneo, la voglia di farcela, il senso di sicurezza che ne derivano ci accompagnano nel tempo.
Come diceva Herzberg più di 50 anni fa, se vogliamo occuparci di motivazione dobbiamo tenere presenti due elementi: i fattori igienici e i fattori motivazionali.
I fattori igienici sono quegli aspetti della vita personale e professionale di una persona che devono essere soddisfatti affinché non ci sia insoddisfazione, per vivere in uno stato sano, igienico, appunto. Questi fattori sono:
- il lavoro
- condizioni del lavoro
- retribuzione
- sicurezza
- sostegno
Il minimo insomma che tutti dovrebbero avere.
Ma se vuoi entrare nell’area motivazione, là dove le persone sono pronte a fare quel qualcosa in più, devi trattare i veri fattori motivazionali.
- tipo di lavoro (ti piace quello che fai?)
- responsabilità (tutti amiamo avere responsabilità, anche se gestirle non è sempre facile)
- carriera
- successo
- possibilità di crescere (non solo di ruolo, ma come persona)
Niente a che fare con “La carota e il bastone”, un sistema restrittivo a senso unico che non arricchisce in effetti nessuno.
-Se fai questo sforzo in più ti do un piccolo premio-
Anche con i bambini. – Se fai i compiti ti compro il nuovo videogioco –
Facile no? E di solito purtroppo funziona.
Ogni volta devi inventarti un premio, devi mantenere un legame di dipendenza, contribuisci a creare insicurezze, ma sul momento funziona.
Altra cosa è lavorare sull’autonomia, sulla responsabilità, sul riconoscere i propri obiettivi e impegnarsi per raggiungerli.
Certo può rivelarsi una grande sfida, sia che si tratti di te che del tuo team o dei tuoi figli. Se però vuoi seriamente dare valore al tuo valore e a quello degli altri, devi abbandonare una volta per tutte il gioco della carota e il bastone.
Celebrarsi una volta concluso un lavoro o raggiunto il risultato desiderato è un’ottima cosa. E sono convinta che se ci celebrassimo tutti un po’ di più, affronteremmo meglio i momenti difficili. Quindi spazio a piccoli riconoscimenti, purché non diventino l’unica spinta ad agire.
Scopri invece le tue leve interne, dai spazio al talento, alle capacità inespresse, al desiderio di scoperta. Perché le tue leve interne, o drive, sono la benzina che ti fa crescere, sono ossigeno quando i fattori igienici non trovano risposta.
Sono la strada che porta a conoscere il senso di tutto.
E tu, che sistema usi per motivarti o motivare?
Quali sono le tue leve interne? Cosa ti guida?